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Il vero problema resta la povertà

di Jean-Michel Severino*

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2 Novembre 2008

Abbiamo percorso metà della strada che ci separa dal 2015, la data fissata per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio (Osm), l'ambizioso progetto sostenuto da tutta la comunità internazionale per promuovere lo sviluppo dei Paesi più poveri del mondo. Di fronte alla crisi finanziaria globale, che si appresta a colpire i Paesi in via di sviluppo, è il momento di porre le domande giuste sull'impegno della comunità internazionale per centrare questi traguardi.
Purtroppo, sappiamo che la maggior parte dei Paesi non riusciranno a raggiungere gli obbiettivi fissati per il 2015. E la crisi alimentare e finanziaria globale minaccia di ostacolare i recenti progressi. Se riusciremo a centrare il traguardo della riduzione della povertà mondiale, sarà grazie alla forte crescita di Paesi emergenti come la Cina o l'India, più che a una riduzione della povertà assoluta nei Paesi più bisognosi.
È preoccupante, perché è un sintomo di due mali più importanti. Innanzitutto il fatto che la comunità internazionale sembra soffrire di schizofrenia: se da un lato tutti i Paesi affermano solennemente il loro impegno per gli Osm, pochi hanno fornito i mezzi per raggiungerli. La realtà è che gli aiuti sono aumentati solo di poco nel periodo 2000-2006: a causa delle massicce cancellazioni del debito, il forte incremento dell'assistenza ufficiale allo sviluppo non si è tradotto in fondi nuovi a disposizione sul campo.
Gli Osm puntavano a spingere la solidarietà internazionale ad abbandonare la logica dell'input (quanti aiuti diamo?) in favore della logica dell'output (qual è l'impatto concreto a cui miriamo?). Ma tenendo conto del fatto che i livelli degli aiuti trasferibili rimangono praticamente costanti, e tenendo conto della forte crescita demografica, specialmente in Africa, si deve concludere che la comunità internazionale non si è data mezzi sufficienti per raggiungere i suoi ambiziosi traguardi.
In secondo luogo, questa scadente performance dimostra fino a che punto possa essere miope la comunità internazionale. La responsabilità globale di assistere le nazioni in via di sviluppo va ben al di là degli Osm, sia dal punto di vista delle proporzioni che dal punto di vista dell'impegno nel tempo. Il ritmo dello sviluppo sostenibile è necessariamente lento. In settori come la sanità o l'istruzione, l'accelerazione necessaria per centrare gli obiettivi prefissati in molti Paesi sarebbe più rapida di qualsiasi altra mai riscontrata nella storia.
Le attuali disuguaglianze di condizioni di vita a livello globale sono simili a quelle che esistevano all'interno delle nostre società oltre un secolo fa. La globalizzazione ha generato un nuovo mercato globale, ma anche rischi globali che necessitano drammaticamente di una gestione collettiva. Nessuno spazio economico unico è mai stato creato senza istituire, in parallelo, meccanismi di solidarietà per gestire questi rischi e provvedere a chi resta indietro.
Con gli Osm è in palio la creazione su scala globale di quello stesso genere di meccanismi pubblici di ridistribuzione che sono stati progressivamente istituiti nelle più ricche società del mondo nel corso del XX secolo. Dal momento che gran parte delle crisi finanziarie, ambientali o sanitarie dei nostri giorni sono imprevedibili e non tengono conto dei confini politici, è nell'interesse di tutti creare una "rete di sicurezza sociale" globale, senza limiti di tempo.
Se accettiamo la logica che sta dietro alla più pragmatica e ambiziosa filosofia di assistenza internazionale espressa dalla «Dichiarazione del Millennio» delle Nazioni Unite, dobbiamo adattare rapidamente i nostri strumenti in modo da garantire modalità di finanziamento più sostenibili e prevedibili. Questo è uno degli scopi principali dei meccanismi di tassazione globale, come l'iniziativa per l'International Finance Facility e la "tassa sugli aeroplani". Servono anche strumenti più adatti per garantire trasferimenti internazionali a lungo termine.
Al di là del semisuccesso o semifallimento degli Osm di qui al 2015, l'interrogativo chiave è capire se la comunità internazionale riuscirà a superare la sua miopia e schizofrenia. Si deve accettare l'idea di una politica di ridistribuzione internazionale a lungo termine per assistere chi è escluso dai benefici della globalizzazione e darsi i mezzi per implementare questa politica ambiziosa.In caso contrario, qualsiasi successo nella battaglia contro la povertà è destinato a essere di breve durata.
Copyright: Project Syndicate, 2008
(Traduzione di Fabio Galimberti)


* Jean-Michel Severino, 51 anni, è dal 2001 direttore generale dell'Agenzia francese per lo sviluppo. È stato direttore dello sviluppo al ministero francese della Cooperazione e vicepresidente della Banca mondiale per l'Asia. Ha lanciato nel 2007, il blog «Idee per lo sviluppo», insieme a Josette Sheeran, Donald Kaberuka, Kemal Dervis, Pascal Lamy, Abdou Diouf e Supachai Panitchpakdi (www.ideasfordevelopment.org).

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